Ziti al Ragù NapoletanoUna leggenda vorrebbe far risalire al Trecento le origini del ragù napoletano, ma sappiamo tutti che il pomodoro non arrivò in Europa prima della fine del XVI secolo. Le prime tracce non sono semplici da trovare in quanto la pastasciutta non era diffusa come lo è oggi, mentre erano preferite le paste in brodo o da forno che, nel Settecento si evolveranno in timballi e pasticci. Il primo cuoco che riporta la ricetta del timballo di maccheroni in crosta è Vincenzo Corrado ne “Il cuoco galante” del 1773 ed è lo stesso che nomina probabilmente per la prima volta in Italia il ragù. Con questo nome, di chiara derivazione francese, deriva da "ragout" uno stufato con verdure, ma, generalmente, di carne di montone. Il termine francese ragout deriva a sua volta dall'aggettivo "ragoutant" che significa allettante, appetitoso o stuzzicante. Il ragù era una preparazione molto versatile e utilizzata per insaporire altre vivande, oppure per formare un ripieno, ma non veniva ancora associato alla pasta. Risale a fine Settecento il ricettario “La cucina casereccia” stampato a Napoli da un anomimo autore contenente il prototipo più antico del ragù napoletano associato alla pasta, la ricetta, con minime varianti, sarà ripresa da Ippolito Cavalcanti nella “Cucina teorico pratica” del 1837, forse il più famoso ricettario napoletano antico. Successivamente si alterneranno versioni dello stesso piatto con o senza l’aggiunta di pomodoro e solo nel corso del Novecento questo ingrediente entrerà stabilmente nella ricetta. Contemporaneamente verranno introdotte delle varianti, come l’introduzione della carne di maiale, inizialmente non contemplata.
Lagane e Ceci Le Lagane sono un tipo di pasta fatta di acqua, farina di semola e sale, più larga delle tagliatelle ma più stretta della lasagna. Molto diffuse nel Meridione d’Italia, in Campania, Basilicata, Calabria e Puglia, dove sono tradizionalmente protagoniste delle tradizionali zuppe di legumi. L’etimologia della parola odierna Lagane (dal greco laganon e dal romano laganum che vuol dire strisce) risale fino al greco antico, nel quale con questo etimo
si indicava un disco di pasta fatta con acqua e farina, arrostito su una pietra rovente e successivamente tagliato a strisce: queste venivano solitamente consumate a zuppa, unite a legumi e granaglie. Passate dalla Magna Grecia alla Roma Imperiale, già Orazio nelle sue Satire ne decanta i pregi, mettendo in versi le sue cene a base di “lagani”, ceci e porri. Ma sarà il celebre gastronomo Apicio a parlarci più diffusamente nel suo “De Re Conquinaria” dei “lagani”, cioè di sfoglie di pasta condite o con il garum o con la carne, sovrapposte a strati a formare un piatto antenato delle nostre lasagne. In Campania, le lagane danno vita a piatti come “lagani e ciciari” (lagane e ceci) o “lagani e fasuoli” (lagane e fagioli), detti anche “lamp’ e tuon’ ”. Caratteristica tipica delle zuppe campane è il pomodoro, passato a pezzetti, che colora il piatto. In Puglia, precisamente in Salento, le stesse strisce di pasta di grano duro vengono prima lessate e poi aggiunte alle minestre, e talvolta accompagnate da altre strisce dello stesso impasto, fritte in olio bollente fino a diventare gonfie e croccanti.r
By continuing to use this website, you consent to the use of cookies in accordance with our Cookie Policy.